Susciterebbe tanta meraviglia oggi il vedere quattro o cinque persone scendere da un’utilitaria del passato, a causa delle dimensioni ridotte dell’abitacolo. Eppure, nel primo dopoguerra, era proprio a bordo di queste piccole automobili che intere famiglie intraprendevano senza alcun disagio lunghi viaggi verso le spiagge dell’Adriatico
In passato, quando il fenomeno della motorizzazione degli italiani stava iniziando, apparvero sul mercato macchine di dimensioni ridotte, di piccola cilindrata e di prezzo accessibile, che vennero definite per tali caratteristiche “utilitarie”. Osservandole, ci si chiede come riuscivano a trasportare cinque persone la Topolino C, la 600 o la 500, tanto ridotto è lo spazio interno rispetto alle vetture di oggi di pari segmento, visibilmente cresciute nelle dimensioni e nell’abitabilità. All’epoca, per di più, soltanto un piccolo divanetto costituiva i sedili posteriori o addirittura si trattava di una panchetta rivestita da una leggera moquette.
Sarebbe molto curioso, oggi, vedere scendere quattro o cinque passeggeri da auto tanto piccole, ma all’epoca non suscitava nessuna meraviglia che una famiglia intera, composta, per esempio, da padre, madre e tre bambini, partisse per le vacanze al mare a bordo di una di quelle utilitarie. Non solo, ma in tanto poco spazio trovava collocazione anche la massa dei bagagli. L’intero nucleo familiare si sentiva privilegiato nel poter disporre di una vettura per andare al mare invece di essere costretto a servirsi del treno, sempre affollato. La prassi che unificava quei viaggi non era dettata da uno speciale protocollo, ma si basava sull’improvvisazione. Il percorso, di circa 300 km, solitamente puntava verso l’Adriatico selvaggio, allora civilizzato dalla presenza di piccoli e grandi alberghi, sorti in seguito all’aumento della domanda di camere per la villeggiatura resa possibile da un altro fenomeno in atto in quel tempo, chiamato miracolo economico. Delle autostrade non esisteva nessuna traccia: da Cremona si imboccava la via Emilia a Fidenza per poi proseguire, passato Bologna, verso i lidi dell’Adriatico.
Città e paesi si dovevano attraversare in pieno in quanto a quell’epoca non esisteva neppure la volontà politica di costruire una tangenziale, tuttavia il dover passare per il centro di ogni località non provocava grossi rallentamenti sia per lo scarso traffico sia per la velocità ridotta di auto come la Topolino C stipata di bagagli e con cinque persone a bordo. Alla guida il capofamiglia, accanto la moglie, e dietro tre figli, rispettivamente di 5, 8 e 13 anni.
La velocità che si poteva raggiungere non superava, a causa del peso, gli 80 km/h, ma il fatto stesso di poter viaggiare in auto ripagava della lentezza del viaggio e il fatto che, dopo tre ore e mezza dalla partenza, si scorgeva l’indicazione stradale “Rimini 200 km” veniva accolto con assoluta indifferenza. Il viaggio, allora, si affrontava accettandone disagio, lentezza e ritardo come fattori che ne facevano parte integrante. I visi degli occupanti erano sempre improntati al buon umore e non c’era ancora traccia di quella tensione, di quell’aggressività e di quell’insofferenza che oggi si legge nell’espressione della gente in viaggio. Erano altri tempi, segnati dal desiderio di dimenticare le ristrettezze in cui si era sprofondati per la guerra, in cui ogni piccolo progresso sul piano economico forniva la spinta verso il benessere di tutta la famiglia, in un impegno a cui tutti partecipavano con uguale entusiasmo. Quell’entusiasmo che accompagnava il lungo viaggio verso le prime vacanze al mare.
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