Le inversioni di rotta, le svolte, le rottamazioni. Se a ogni slogan tanto caro al nostro Presidente del Consiglio fosse corrisposto davvero un cambiamento in questi cruciali mesi, la politica nei confronti dell’automobile avrebbe potuto fare la differenza. E invece…
Nella Legge di Stabilità 2015 non c’è traccia di qualsivoglia cambio di rotta della politica nei confronti dell’automobile. Eppure le premesse c’erano tutte: numeri inequivocabili che affermano l’effetto distorsivo sulle entrate fiscali legate al superbollo, calanti in quanto le auto di grossa cilindrata hanno per lo più preso la strada dell’esportazione, l’invecchiamento inesorabile del parco circolante, comprese le flotte aziendali, dovuto al crollo del potere d’acquisto che ha colpito buona parte di quei manager e imprenditori che sostituivano l’auto ogni 3 anni, la riduzione del consumo dei carburanti, dovuta alla proporzionale diminuzione del chilometraggio percorso. Tutto questo per ciò che concerne le nuove immatricolazioni, che languono ancora, segnando una minima crescita percentuale rispetto all’annus horribilis 2013. Secondo logica, sarebbe stato sufficiente abolire il superbollo, allineare il trattamento fiscale delle auto aziendali immatricolate in Italia a quello applicato dai Paesi vicini, stimolare l’impiego delle vetture private riducendo le accise sui carburanti. Nulla di tutto ciò all’orizzonte, invece. Se spostiamo l’attenzione verso il mondo delle auto d’epoca e del collezionismo troviamo una situazione ancora più complessa: l’incertezza sull’applicazione anche retroattiva del bollo e soprattutto del superbollo sulle auto di età compresa tra 20 e 30 anni fino a ieri esenti ha spiazzato numerosi appassionati, rei soltanto di aver conservato per più di un ventennio auto di modesto valore commerciale per puro amore verso la propria quattro ruote, o di aver acquistato recentemente il sogno di quando si era ragazzi. Qualcuno, nel dubbio, si è già disfatto del proprio cimelio, altri stanno intrattenendo trattative con compratori esteri, decisi a portarsi a casa – a prezzi vicini al minimo storico – quei gioielli che in Italia è sempre più complesso conservare. A noi di AutoCapital sta a cuore anche e soprattutto la salute del settore nel quale operiamo, l’automotive. Parliamo della salute economica di tutti gli operatori, dall’imprenditore dell’azienda della componentistica al concessionario, dal manager al meccanico che lavora in officina dall’alba al tramonto. E quando si constata che in Italia le 10 auto più vendute sul mercato del nuovo appartengono tutte ai segmento A e B, con la sola eccezione della Volkswagen Golf, mentre nella geograficamente vicina Germania l’analoga classifica vede un’ampia presenza di modelli dei segmenti C e D, anche “premium”, non si può che trarre la conclusione che il benessere generato dalle vendite di utilitarie non è neppure lontanamente paragonabile a quello procurato dalle vendita delle ben più remunerative ammiraglie o dei SUV dei segmenti superiori. Il clima di sfiducia che la politica economica e le recenti vicende giudiziarie legate a uomini politici e grandi eventi hanno inevitabilmente generato pesano come un fardello sulla buona volontà di chi ogni giorno si impegna, ciascuno nel proprio ruolo, per migliorare questo Paese e accompagnarlo verso una via d’uscita dalla crisi che oggi è difficile intuire, mancando un’autentica guida, economica o politica, che ci indirizzi verso un’effettiva e consolidata ripresa. Al momento è difficile immaginare un cambio di rotta, ma sognarlo non è ancora proibito. Vorremmo augurarcelo e augurarlo ai nostri lettori. A voi tutti e alle vostre famiglie i migliori auguri per un sereno e prospero 2015 da AutoCapital.
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