È alle porte un radicale cambiamento del rapporto uomo-macchina. Oltre alla guida autonoma, l’auto arriverà da sola ovunque. Basterà chiamarla col cellulare
Pietro Innocenti, direttore generale di Porsche Italia, in un recente incontro con la stampa ha delineato il futuro dell’automobile, a cui sta lavorando la Casa di Zuffenhausen. Il progetto 2025. Ha delineato un quadro che oggi ha dell’incredibile e dell’impossibile, animato da vetture che vanno ben oltre la guida autonoma, capaci di spostarsi senza nessuno a bordo e in grado di arrivare sul posto mediante un semplice impulso dato col cellulare. Egli ha poi descritto la tipologia del viaggio in un futuro non lontano. Una persona uscirà di casa, digiterà sul telefonino ciò che chiede l’apposita applicazione, e l’auto senza guidatore, di lì a poco, si fermerà sulla porta di casa. Il viaggiatore salirà a bordo e, completando alcuni campi richiesti dall’applicazione, farà sì che la vettura arrivi alla stazione della località in questione, dove egli salirà sul treno superveloce che lo condurrà alla meta desiderata. Qui, sempre con le stesse modalità, farà arrivare una vettura che lo condurrà a destinazione. Sarà così anche per viaggi di lavoro, turistici, di vacanza, da soli o in compagnia della famiglia o di amici. Le modalità di pagamento del servizio si troveranno, ma quel che appare rivoluzionario è anche che non esisterà più l’auto di proprietà, che i viaggi saranno fatti in assoluta sicurezza e che non ci sarà più necessità della patente di guida. Chiunque, giovane o vecchio che sia, ne potrà usufruire. Progetto fantastico? Irrealizzabile? Soltanto futuribile?
No, se diamo uno sguardo retroattivo al cammino dell’umanità. Partiamo dall’Homo Sapiens, vissuto nel Paleolitico. Quale reazione avrebbe avuto se gli avessero ipotizzato un mondo in cui gli spostamenti sarebbero avvenuti in groppa a un cavallo o seduti su di un carro trainato da quadrupedi, senza alcuna fatica? Anche con la sua primitiva intelligenza avrebbe avuto una reazione di incredulità. Come se, nell’antichità, a un greco o a un latino, ma anche a un uomo vissuto nel medioevo avessero anticipato che i viaggi sarebbero stati veloci e comodi rispetto a quelli a cui era abituato: la risposta sarebbe stata la stessa. Ma procediamo nelle epoche e arriviamo ai primi del Novecento. Chi, allora, avrebbe creduto possibile che un trasferimento da Milano a Roma avrebbe potuto richiedere tre ore in treno e cinque o sei in auto e che in aereo si sarebbe potuto andare a New York da Milano o da Roma in poche ore? Avrebbero deriso e bollato come immaginario un simile progetto, avendo davanti agli occhi le prime auto che raggiungevano velocità molto ridotte. Negli anni Venti, tanto per avere un’idea della velocità dei viaggi, per arrivare in Calabria da Torino, al senatore Giovanni Agnelli occorsero quattro giorni di viaggio nonostante avesse a disposizione una delle vetture più prestazionali dell’epoca. Se ne deduce che ogni epoca è stata improntata allo scetticismo relativamente allo sviluppo futuro dell’industria, della tecnologico e della viabilità, mentre poi i progetti si sono realizzati e oggi gli spostamenti comodi e rapidi di cui godiamo, rispetto al passato, sono reali e non più futuribili.
Ci sarà un cambiamento radicale per quanto riguarda l’attuale concezione dell’automobile e per come viene vissuta. Ora la si tiene pulita, la si accarezza, quando ha un guasto si soffre quasi come per una persona cara finché non viene rimessa in sesto, non la si presta neppure a un figlio a volte, figurarsi a un amico, tanta è la gelosia per la propria automobile. Secondo quanto contenuto nel progetto Porsche, invece, non sarà conveniente acquistare l’auto, ma ci si servirà di auto sempre diverse. Sopravviveranno auto che diverranno d’epoca, col passare degli anni, ma non potranno inserirsi armonicamente nel traffico che sarà diventato a guida autonoma. Saranno oggetti di culto, da usare in determinate occasioni, come avviene già oggi. Del resto, chi negli anni Ottanta, avrebbe creduto possibile uno sviluppo talmente intensivo dei telefonini al punto che ogni abitante ne possiede almeno due? E chi negli anni Novanta avrebbe scommesso una lira sulle svariate possibilità di interazione di cui i cellulari sono capaci? Pagare il parcheggio col cellulare? Non facciamo ridere, si sarebbe sentito dire chi l’avesse detto soltanto due anni fa. Siamo testimoni del più radicale cambiamento che ha attraversato la società dalla creazione del mondo. Uno sviluppo che disorienta i più attempati ma è come pane quotidiano per i più giovani, gli adolescenti, i bambini e quasi per i neonati. La loro capacità di apprendimento è ultraveloce se si tratta di avere tra le manine un tablet o un telefonino. Il che un po’ di rabbia la provoca in chi stenta a capire la logica del computer. Queste premesse dovrebbero allontanare ogni scetticismo sul futuro dell’auto. Prepariamoci al cambiamento.
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