Va in archivio la classica maratona di regolarità: un’edizione caratterizzata da un’ampia partcipazione di vetture prestigiose. Tanti i premi in palio
Con la premiazione, anche l’edizione 2018 della Modena Cento Ore si è conclusa. È stata un’edizione incredibile, che ha confermato ancora una volta come la Modena Cento Ore sia una manifestazione relativamente giovane, ma già importantissima. Il livello delle auto che hanno partecipato è degno di uno dei più importanti concorsi d’eleganza del mondo, con un’unica differenza: la Modena Cento Ore permette a queste meravigliose vetture di essere mostrate in movimento, e di portare in giro per i luoghi più belli d’Italia uno straordinario museo automobilistico. Vi sono emozioni che è difficile trasferire, ma l’applauso durante la proiezione del filmato girato durante il passaggio sulla sopraelevata di Monza ha chiaramente mostrato come il simbolo di questa diciassettesima edizione possa proprio essere Monza e la sua sopraelevata.
Oltre 100 le vetture iscritte, selezionate tra le più di 250 domande di partecipazione, con equipaggi in rappresentanza di 18 nazioni di tutto il mondo. 19 le case automobilistiche presenti, con una rappresentanza equilibrata di italiane (Ferrari e Alfa Romeo), inglesi (Jaguar, Lotus, Ford), tedesche (Porsche, Mercedes-Benz e BMW), e americane (AC Shelby Cobra, Ford e Chevrolet). Le vetture si sono date battaglia su oltre 800 km di gara divisi in 4 giorni di guida.
È stato bello, durante le premiazioni, vedere come, terminate le sfide, i partecipanti abbiano festeggiato insieme celebrando i successi di alcuni e la sconfitta degli altri. D’altronde, se bisogna trovare un unico difetto alla Modena Cento Ore, l’unica cosa che viene in mente è che alla fine, purtroppo, è solo uno che può vincere. Quest’anno, e non è una novità, al primo posto si sono classificati gli inglesi Philip Walker – Miles Griffiths a bordo della loro Jaguar E-Type del 1964, ormai habitué al podio. Tra le dame, ha sbaragliato la concorrenza, l’equipaggio di Daniela Ellerbrock – Jackie Rohwer su Alfa Romeo Giulia Sprint GTA del 1965, mentre per la regolarità ha prevalso l’equipaggio di Joelle Housseau – Aude Moreau con la Ferrari Dino 246 GT del 1972.
Sul primo gradino del podio, per la sezione regolarità, è salito l’equipaggio 104: Ernst Schroeder – Philipp Ruppell su Porsche 356 B, 1961. Sempre per quanto riguarda la regolarità, il primo team classificato è quello della AC Owners Club, capitanato dalla AC ACE Bristol del 1959, di proprietà di Bertie Gilbart-Smith – Simon Kelly. Una bellissima storia ha fatto da cornice a questo vincitore: la macchina, infatti, è di proprietà Bertie Gilbart Smith dal 1964, quando ha lasciato l’officina scozzese dove ne veniva fatta la manutenzione da parte di un giovane meccanico che lavorava nel garage di famiglia, Sir Jackie Stewart. Da sottolineare, che questa vettura è arrivata su strada dall’Inghilterra, totalizzando 1.600 Km prima della gara, cui si aggiungeranno quelli del ritorno nei giorni successivi alla gara. Come sempre è interessante osservare “l’index of performance”, cioè la classifica compensata, che ha visto incredibilmente al terzo posto una delle vetture più belle iscritte alla Modena Cento Ore 2018: la Ferrari 212 Export berlinetta Touring del 1952 di Martin Halusa e Susanne Halusa. Il trofeo per il “Mechanical Miracle 2018”, è stato assegnato a Richard Walbyoff e Sarah Walbyoff, capaci di trovare, farsi spedire e sostituire il V8 della AC Shelby Cobra 289 del 1965 di Mark Freeman e Mike Ellis.
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